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Sestante, rivista scientifica regionale sui temi delle dipendenze patologiche, della salute mentale e salute nelle carceri della Regione Emilia Romagna e dell’AUSL della Romagna.
Abstract
Le persone migranti nel nostro paese vivono spesso in condizione di grave marginalità e faticano a conoscere e ad accedere ai servizi socio-sanitari presenti sul territorio. L’articolo si propone di presentare e descrivere il lavoro dell’équipe marginalità nata sul territorio di Rimini, che rappresenta un dispositivo di sperimentazione di percorsi di cura condivisi e uno strumento di lavoro multidisciplinare per la presa in carico di situazioni complesse. L’équipe è composta da diverse soggettività del pubblico e del privato sociale che si occupano a diverso titolo di persone in condizione di marginalità e che lavorano insieme con l’obiettivo di garantirne i diritti e di migliorarne la tutela e la salute. Le persone intercettate dalla rete della marginalità sono portatrici di bisogni sociali, psicologici e sanitari complessi che necessitano di un lavoro di rete e prossimità per poter essere elaborati. Gli interventi di cura pensati dall’équipe tentano di rispecchiare tale complessità.
Introduzione
Sul territorio riminese e non solo, le persone di origine non italiana rappresentano un gruppo ad alto rischio di marginalità e vulnerabilità. La vulnerabilità, intesa come condizione che rende la persona maggiormente predisposta ad eventi di vita negativi, può interessare tutte le persone straniere, sia per la posizione di svantaggio economico che spesso le inquadra nelle fasce più basse della stratificazione dei redditi sia per la posizione sociale, politica e giuridica subordinata rispetto a quella dei cittadini italiani. Esistono inoltre fattori che sono legati strettamente allo status di migrante che l’Osservatorio Europeo delle droghe e delle tossicodipendenze indica come fattori di rischio legati all’uso e abuso di sostanze psicoattive: fattori sanitari e psicologici legati alla storia migratoria e di vita (esposizione a torture, isolamento, violenza), variabili sociali (disoccupazione, precarietà lavorativa e della rete familiare e comunitaria), ma anche problematiche legali (incertezza riguardo al permesso di soggiorno). Le persone straniere spesso presentano, inoltre, difficoltà nella conoscenza e nell’accesso ai servizi del territorio. Per questo, da giugno 2021 a giugno 2022 è stato attivo sul territorio di Rimini il progetto FAMI Be.Com-ER, con lo scopo di intercettare e avvicinare ai servizi cittadini stranieri con dipendenze patologiche e/o con problematiche legate all’abuso di alcol o sostanze.
I risultati di un anno del suddetto progetto FAMI Be.Com-ER (55 persone intercettate di cui 18 accompagnate ai servizi) di fatto hanno mostrato come sia fondamentale disporre di azioni di prossimità e strumenti di mediazione e accompagnamento nell’accesso ai servizi socio-sanitari. Il principale strumento a sostegno di tale progettualità è stato quello del lavoro in rete con tutte le soggettività che, a diverso titolo, si occupavano di persone in condizione marginalità e che ha dato vita al dispositivo oggi denominato équipe marginalità. Data la necessità di continuare questo tipo di lavoro, a Dicembre 2022 è stato avviato nell’ambito del Piano di Zona con il Programma Attuativo Annuale 2022 del Comune di Rimini il progetto Be.Com-ER in Rete, di cui è soggetto attuatore Rumori Sinistri ODV in collaborazione con la Cooperativa Sociale Cento Fiori, in continuità con il progetto FAMI precedente.
Descrizione dell’équipe
L’équipe marginalità nasce a settembre 2021 dall’esigenza di mettere in connessione tutte le realtà che lavorano nell’ambito della marginalità al fine di riuscire a costruire strumenti di intervento e risposte più complete per le persone che si trovano in questa condizione. Oggi rappresenta un dispositivo che comprende operatori della grave marginalità adulta (referenti dei progetti unità di strada senza fissa dimora e bassa soglia, al momento rappresentati da Rumori Sinistri ODV, Papa Giovanni XXIII, associazione Caritas ODV e Croce Rossa Italiana), operatori del comune di Rimini (sportello sociale, ufficio immigrazione, ufficio di piano, sportello Front Office cittadini Stranieri),operatori del CSM, del SerDP e dell’ambulatorio EXTRACEE (servizio di assistenza sanitaria per persone non UE).L’équipe si riunisce una volta al mese con lo scopo di ragionare su situazioni complesse e su percorsi di cura condivisi e si rivolge a persone che si trovano in condizione di marginalità per diversi motivi quali assenza di abitazione, assenza o problemi relativi al permesso di soggiorno, uscita dai percorsi di accoglienza senza il raggiungimento di un’autonomia, mancanza di un’assistenza medica di base. L’équipe marginalità è nata presso Casa Madiba Network, uno spazio sociale autogestito con progetti culturali e sociali rivolti in particolare alle persone in condizione di homelessness, razzializzate, gender non conforming e in condizione di precarietà e sfruttamento lavorativo che opera contro le discriminazioni e sul contrasto all’emarginazione adulta. Qui si è strutturato lo sportello Be.Com-ER: il luogo in cui è nata l’équipe è di importanza fondamentale, poiché rappresentava già uno spazio di aiuto e ascolto per le persone in condizione di grave marginalità. L’équipe marginalità è nata dal “basso”, dalle esigenze di persone che sperimentavano bisogni complessi e a cui venivano proposti interventi insufficienti. I principi ispiratori dell’équipe marginalità fanno infatti riferimento al concetto di governmentaly from below (Appadurai, 2001) ovvero alla capacità di governo dal basso, un insieme di modalità d’azione che prevede la condivisione di strategie di risposte e analisi dei bisogni con gli stessi soggetti che portano la domanda d’aiuto. Questo modo di agire ha consentito di uscire dai modelli di cura normalizzati e pensare alla salute in modo radicalmente diverso da quello solitamente concepito, partendo cioè non dalla patologia ma dal riconoscimento dei diritti delle persone.
Il lavoro dell’équipe si articola in varie fasi che partono da un lavoro di lettura della biografia della persona, atto a identificare i fattori di rischio e di protezione, all’individuazione delle offerte del territorio e alla negoziazione di un progetto personalizzato. L’analisi della domanda viene effettuata tramite un dispositivo gruppale che comprende tutti gli attori presenti nell’équipe. Questa modalità di lavoro permette la ridefinizione del problema in una prospettiva che viene arricchita dall’apporto di tutti i membri dell’équipe in un’ottica multidimensionale. Secondo questo approccio il bisogno di un singolo rappresenta solo la parte manifesta di una domanda più ampia, ovvero l’emergente di una problematica del contesto in cui la persona si trova (Montecchi 2021). Le prime azioni che vengono svolte sono solitamente rivolte alla stabilizzazione della persona dal punto di vista sociale e burocratico che si esplicitano nella ricerca di un’abitazione e nel supporto legale sul permesso di soggiorno e su eventuali problemi ad esso legati. Infatti, il diritto alla casa e la possibilità di avere un permesso di soggiorno rappresentano le basi necessarie al benessere della persona e allo sviluppo di qualsivoglia altro intervento sociale e/o sanitario. Qualora si valutasse la necessità, vengono attivate le funzioni sanitarie o presso i servizi o nei luoghi in cui la persona si trova. Se la persona è inserita nei progetti presenti sul territorio vengono garantite équipe integrate e consulenze specifiche che supportino l’individuo e coloro che con esso lavorano nella gestione delle problematiche che possono interferire con l’adesione ai trattamenti e l’accesso ai servizi. Quando necessario vengono inoltre attivati interventi di mediazione culturale, non solo nel contesto dei colloqui con le persone, ma anche con funzione di lettura e inquadramento culturale delle situazioni nell’ambito del lavoro dell’équipe. L’équipe è riuscita, in questi termini, ad inserire persone con problematiche a diversi livelli nei progetti sul territorio e fare aderire ad interventi terapeutici persone che manifestavano scarsa compliance. Il lavoro con la marginalità comporta la gestione di una complessità che può essere difficile da affrontare e che si ripercuote anche sui gruppi di lavoro. Vissuti emotivi quali frustrazione, rabbia e impotenza possono depositarsi sugli operatori delle équipe insieme a dinamiche controtransferali ed istituzionali che si attivano anche fra le soggettività coinvolte. Tali fattori, se non ben elaborati, possono ripercuotersi nell’operatività creando, oltre che malessere negli operatori, inefficacia nelle risposte. Un’ulteriore funzione dell’équipe è quella di consentire uno spazio gruppale di rielaborazione di tutti questi aspetti rimanendo a supporto dei gruppi di operatori che lavorano sui progetti.
Risultati e riflessioni
Da settembre 2021 ad oggi sono state prese in carico dall’équipe marginalità un totale di 17 persone (cfr. figura 1), di cui due donne, con provenienza varia: Gambia (2), Pakistan (2), Guinea Conakry (1), Bangladesh (1), Afghanistan (1), Senegal (2), Togo (1), Macao (1), Nigeria (1), Camerun (1), Tunisia (1), Romania (1) e Somalia (2). Di questi, su 11 che manifestavano disagio mentale 10 hanno aderito a percorsi presso il CSM; sono state segnalate solo 2 persone con problematiche relative all’abuso di sostanze e alcol, che sono state entrambe prese in carico dal SerDP; delle 17 persone intercettate dall’équipe, 10 manifestavano il problema dell’essere senza fissa dimora e per tutte è stata trovata una soluzione abitativa nelle strutture a bassa soglia presenti sul territorio; per 6 persone sono stati attivati percorsi di assistenza legale.
Un risultato fondamentale è stato quello di permettere alle persone con disagio mentale e/o problematiche legate all’abuso di alcol e sostanze di rimanere all’interno della comunità e di essere supportate con progetti individuali sul territorio con il sostegno costante dell’équipe. La coordinazione e l’integrazione degli interventi di supporto a vari livelli (sanitario, abitativo, legale) mediante il lavoro dell’équipe, hanno consentito di fatto di sostenere queste persone nei luoghi di vita della comunità senza dover ricorrere a progetti residenziali specialistici (progetti SAI per disagio mentale, comunità terapeutiche, residenze sanitarie psichiatriche). I risultati ottenuti sottolineano la necessità di intendere la salute non come mera assenza di malattia ma come rapporto equilibrato della persona con il contesto in cui abita. Le persone che migrano sono spesso sottoposte a processi che portano ad una serie di perdite, materiali e simboliche (perdita della casa, del permesso di soggiorno, separazione dalla famiglia) che di fatto trasformano le persone da persone nel mondo a persone fuori dal mondo (Losi, 2010). Quando la persona si trova fuori dal mondo, il disagio psicologico e la malattia hanno maggiore probabilità di sorgere. Per questo, l’équipe lavora per riconnettere le persone anche con i contesti di provenienza coinvolgendo, quando possibile, connazionali e familiari nei percorsi di cura. Le sofferenze portate dalle persone migranti nella maggior parte dei casi non possono essere concepite come confinate all’interno della persona ma come fenomeni di sofferenza urbana (Saraceno, 2019) prodotti cioè da una serie di dimensioni politiche e sociali che sono proprie delle città in cui le persone vivono. Le persone in condizione di marginalità si trovano frequentemente ad avere a che fare con situazioni di violenza e discriminazione; ciò è spesso causato dall’estrema deprivazione materiale e dall’umiliazione morale delle persone coinvolte e non possono essere interpretati in modo semplicistico come mere colpe o espressioni di patologie individuali. Questi fenomeni di violenza sono maggiormente spiegabili come emergenti di un processo collettivo di sofferenza urbana che si collocano al termine di un percorso di fallimenti rispetto all’inclusione e alla difesa di diritti. Un emergente secondo la concezione operativa di gruppo è “una situazione, un comportamento del gruppo o dell’individuo, che con il suo manifestarsi denuncia la situazione dominante” e la malattia “non è da considerare come la malattia di un soggetto ma come la malattia dell’unità di base della struttura sociale” (Pichon-Rivière, 1985). L’équipe rappresenta anche un osservatorio della comunità e uno spazio di pensiero rispetto a queste situazioni. La complessità richiede dispostivi flessibili, interdisciplinari che possano funzionare da mente gruppale collettiva, in grado di elaborare le varie dinamiche che possono disturbare una corretta analisi e differenziazione della domanda e a portare di conseguenza a risposte parziali e individuali. Infine, la cura collettiva, per poter essere chiamate tale, non può prescindere dalla voce delle persone alle quali questi interventi sono rivolti. Non sono i cittadini a dover disegnare i propri bisogni adattandoli alle offerte del sistema, ma l’offerta di salute a dover partire dai bisogni dei cittadini (Saraceno, 2022). Partire dalla persona è, inoltre, un’azione che fa parte del processo di cura stesso: rendendo le persone attive nei propri percorsi si restituisce loro di avere la capacità di scelta. I risultati del lavoro svolto dimostrano che i percorsi più riusciti sono stati quelli costruiti a partire dal “basso”, quando cioè gli operatori sono usciti dalle istituzioni per incontrare le persone nei luoghi in cui queste si erano naturalmente rivolte per chiedere aiuto.
Conclusioni
L’approcciarsi alle migrazioni secondo il paradigma dell’emergenza e la concettualizzazione delle persone che arrivano in Europa come fenomeno eccezionale ha prodotto a livello pubblico una percezione delle migrazioni unicamente come un problema legato a questioni di sicurezza e di ordine pubblico (Pitzalis, 2018). Questa è, tuttavia, una visione fuorviante, che ha legittimato la categoria dell’urgenza degli interventi in nome dell’emergenza oltre che contribuire ad occultare aspetti storici, economici, sociali, culturali e politici che riguardano le migrazioni. Se smettiamo di considerare le questioni come emergenziali, allora assumiamo che queste richiedano interventi sistemici, di durata indeterminata. In quest’ottica l’équipe marginalità, in quanto strumento di supporto per le persone migranti, dovrebbe diventare, nella nostra prospettiva, un dispositivo permanente, pensato e garantito dalle istituzioni, per far fronte alle problematiche che presentano le persone che si trovano in condizione di marginalità e che abitano le periferie delle nostre città, e che non necessariamente sono di origine straniera. I dispositivi di cura collettivi e multidisciplinari possono, infatti, essere uno strumento di intervento efficace per tutte le persone che presentano problematiche complesse che richiedono percorsi di cura co-costruiti. Un altro fattore fondamentale riguarda le politiche che ciascun territorio sviluppa rispetto al tema dell’abitare. Il fatto di avere un luogo sicuro dove vivere, instaurare le proprie relazioni ed esprimere la propria soggettività dovrebbe essere alla base di qualsivoglia intervento che pensi alla salute mentale, perché non ci può essere salute, né mentale né fisica, senza casa. Le soluzioni abitative individuate dall’équipe hanno riguardato la rete delle strutture della bassa soglia che hanno consentito di rispondere all’emergenza. Risulta tuttavia fondamentale pensare a soluzioni strutturate e integrare le politiche abitative con gli interventi rivolti alla grave marginalità, affinché il diritto all’abitare sia realmente esigibile (Leonardi, 2021).
Il lavoro con la sofferenza e la malattia portata dalle persone in condizione di marginalità insegna a partire dal riconoscimento dei bisogni e dei diritti fondamentali di cittadinanza, senza i quali non è possibile costruire alcuna forma di intervento. Anche l’offerta di salute dovrebbe pertanto essere pensata dal basso, ovvero a partire dai bisogni dei cittadini.
Questo implica ricercare la complessità sistemica delle cause, che può essere fatta solo attraverso un lavoro di rete: il problema non è solo ciò che la persona porta nell’ambulatorio medico ma ciò che perpetua la sofferenza al di fuori dell’ambulatorio.
Bibliografia
N. Losi, Vite Altrove. Migrazione e disagio psichico. Borla Ed, 2010
A. Appadurai, Deep democracy: urban governmentality and the horizon of politics, Environment&Urbanization Vol 13 N. 2, 2001
B. Saraceno, Salute Globale e diritti. Conversazioni sulla cura e la salute mentale. DeriveApprodi, 2022
E. Pichon-Rivière, Il processo gruppale. Dalla psicoanalisi alla psicologia sociale, Libreria Editrice Lauretana, 1985
L. Montecchi, L’ombra dell’Angelo. Sensibili alle foglie, 2021
S. Pitzalis, La costruzione dell’emergenza. Aiuto, assistenza e controllo tra disastri e migrazioni forzate in Italia. Argomenti, terza serie, 2018
D. Leonardi, La colpa di non avere un tetto. Homelessness tra stigma e stereotipi, Eris, 2021
B. Saraceno, Psicopolitica. DeriveApprodi, 2019