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16 Dicembre 2024Il presidente della Cooperativa Sociale di Rimini commenta i dati diffusi dal report ‘Pane e azzardo 2’ realizzato da Cgil e Federconsumatori Emilia-Romagna, insieme all’istituto di studi sul consumo Isscon e alla Regione Emilia- Romagna.
Rimini – «Sono nove miliardi che grondano malattie, disperazione, dolore e talvolta persino sangue. Come ha recentemente proposto Federconsumatori in un convegno, è ora di aggiornare le statistiche sul gioco d’azzardo regionale e aggiungere una colonna al bilancio sempre più positivo degli introiti dello Stato sul gioco fisico. Ovvero, mettere accanto la colonna delle uscite e delle pesanti ricadute che il gioco d’azzardo patologico sta sempre più caricando sui sistemi sanitario e assistenziale, sulle famiglie, sulle persone deboli e fragili, sulla società e infine sullo Stato». Cristian Tamagnini, presidente e referente per la Rete Gap della Cooperativa Sociale Cento Fiori, interviene sul gioco d’azzardo fisico nella provincia di Rimini.
E’ di poche ore fa la presentazione del report ‘Pane e azzardo 2’ realizzato da Cgil e Federconsumatori Emilia-Romagna, insieme all’istituto di studi sul consumo Isscon e alla Regione Emilia- Romagna. Ma è di diversi anni il lavoro di sensibilizzazione, prevenzione e sostegno ai malati di ludopatia che sul territorio Ausl Romagna e Rete Gap – cooperative sociali e associazioni di volontariato quali Comunità Papa Giovanni XXIII (capofila), Millepiedi, Cento Fiori, Alcantara, Parkinson in Rete e Il Gesto – portano avanti con incontri e sportelli di ascolto. «Un lavoro in sinergia di pubblico e privato sociale perché il gioco d’azzardo legale non sia solo un affare per le entrate dello Stato – 727 milioni solo in provincia – ma si riveli per quel che è, un’arma a doppio taglio che da una parte incassa denaro e dall’altra colpisce le fasce più deboli della popolazione facendo leva sulla speranza o sulla loro malattia», dice Cristian Tamagnini.
«Nei momenti di crisi il gioco si impenna, quest’anno siamo oltre il 10% in più. Male. Ma non continuiamo a guardarlo come un “vizio” individuale, cominciamo a guardarlo come un malanno sociale e cominciamo a mettere, accanto alle entrate, una colonna delle uscite: quanto pesa sulle famiglie, sui malati di Parkinson che spesso restano vittime della ludopatia? Quanto vale la fatica di assistere i loro cari, il loro dolore, la disperazione delle famiglie di ludopatici? Quanto valgono le spese che sostiene il sistema sanitario locale per strappare i malati di gioco al rito quotidiano della grattata? E, infine, quanto vale la vita di una persona che nella disperazione si gioca la sua stessa esistenza?»